Il videogiornalismo

Realizzare un’inchiesta televisiva o semplicemente un documentario fino alla fine degli anni ’80 era come fare un film, avevi bisogno di un produttore, di un regista, di un cameraman, di un fonico, di un giornalista, un montatore e un regista del montaggio. Un meccanismo costoso e selettivo, le figure professionali erano marcatamente separate, le tecnologie costosissime e se non avevi un produttore che credeva nel tuo progetto restava solo un sogno. All’inizio degli anni ’90 dopo l’esplosione delle telecamere vhs nel mercato amatoriale fu introdotto il sistema Video8, le nuove handycam Hi8 riuscivano ad avere una qualità superiore ma restava il problema degli alti costi del montaggio, le attrezzature erano costosissime, per un’ora di montaggio ci volevano il corrispettivo di 80 euro odierni.

Le televisioni, Rai e Mediaset, non erano nemmeno disponibili ad accettare immagini che non corrispondessero allo standard qualitativo dell’epoca, l’unica differenza poteva farla IL CONTENUTO e qualche produttore coraggioso che ci credeva. Le piccole telecamere avevano un vantaggio, riuscivano ad entrare più facilmente nelle situazioni e permettevano di raccontarle direttamente a chi girava le immagini. Così è nato il video giornalismo. Le grandi inchieste non venivano più finanziate dai network perché costavano, il videogiornalismo ha dato continuità a un genere che rischiava di morire definitivamente.

Sul finire degli anni ’90, a 5-6 anni dall’introduzione del sistema digitale nel montaggio i prezzi sono crollati, l’autoproduzione è diventata una realtà, potevi presentarti dai produttori con il tuo servizio finito, credo che ancora oggi questa sia la vera possibilità per chiunque di accedere nel mondo della video informazione. Ci vogliono idee originali, e qualche “dritta”. In questo settore ci sono dei grandi professionisti, che hanno macinato migliaia di ore di televisione, farsi aiutare, indirizzare all’inizio significa partire con il piede giusto.

 

Fornero - Iovene